Il panorama dell’intelligenza artificiale sta vivendo giorni di fermento, caratterizzati da massicci flussi di capitale verso le tecnologie emergenti e da cruciali sblocchi geopolitici. Al centro di queste manovre si trova Nvidia, che non solo sta orchestrando investimenti miliardari nel settore della robotica insieme a SoftBank, ma ha anche ricevuto un via libera strategico dall’amministrazione Trump per riprendere le esportazioni di chip avanzati verso la Cina.
Un investimento record per Skild AI
Secondo quanto riportato da Reuters, SoftBank Group e Nvidia sono in trattative avanzate per guidare un round di finanziamento superiore al miliardo di dollari destinato a Skild AI. L’operazione porterebbe la valutazione della società software a 14 miliardi di dollari, triplicando quasi il valore di 4,7 miliardi registrato solo lo scorso maggio. In quella precedente occasione, la startup, attiva da quasi tre anni, aveva raccolto 500 milioni di dollari con la partecipazione di colossi come LG Technology Ventures, Samsung e la stessa Nvidia.
A differenza di molte altre startup del settore che assorbono capitali per costruire hardware proprietario, Skild AI si distingue per un approccio diverso: lo sviluppo di un modello fondazionale “robot-agnostic”. Si tratta di un cervello digitale versatile, personalizzabile per diverse tipologie di robot e casi d’uso. Già a luglio l’azienda aveva svelato il suo modello generalista, “Skild Brain”, mostrando video di robot impegnati in attività complesse come salire le scale o maneggiare stoviglie. Per consolidare il proprio ecosistema, Skild ha inoltre stretto partnership strategiche con LG CNS e Hewlett Packard Enterprise.
La corsa all’oro nella robotica avanzata
L’interesse degli investitori per l’intersezione tra IA e robotica fisica è in costante crescita. Non è un caso isolato: Physical Intelligence, un’altra realtà focalizzata sullo sviluppo di “cervelli” per robot, ha recentemente raccolto 600 milioni di dollari con una valutazione di 5,6 miliardi, in un round guidato da CapitalG. Tuttavia, il settore è ancora in una fase delicata; un investitore che ha analizzato Physical Intelligence ha riferito a TechCrunch che la loro tecnologia appare ancora in stadi preliminari di sviluppo.
Il mercato vede anche protagonisti come Figure, sviluppatore di umanoidi che a settembre ha raggiunto una valutazione monstre di 39 miliardi di dollari dopo aver raccolto oltre un miliardo, e 1X, anch’esso in trattative per un finanziamento simile su una valutazione di 10 miliardi.
Svolta geopolitica sui chip: il dazio del 25%
Mentre Nvidia consolida la sua presenza nel venture capital, il suo core business riceve una spinta significativa sul fronte politico. Lunedì, il presidente Donald Trump ha annunciato che Nvidia potrà esportare i suoi chip H200 per l’intelligenza artificiale a “clienti approvati” in Cina e altrove. La condizione posta dalla Casa Bianca è chiara: gli Stati Uniti dovranno ricevere una quota del 25% sulle vendite.
In un post su Truth Social, Trump ha dichiarato che il presidente cinese Xi Jinping ha “risposto positivamente” alla proposta. Questa mossa, secondo il presidente americano, sosterrà l’occupazione e la manifattura statunitense, portando benefici diretti ai contribuenti. Il Dipartimento del Commercio sta finalizzando i dettagli di questo approccio, che si applicherà anche ad altri grandi nomi del settore come AMD e Intel.
Le reazioni del mercato e il contesto commerciale
La notizia ha avuto un impatto immediato sui mercati, con le azioni Nvidia che sono salite di circa il 2% nell’after-hours, dopo una giornata volatile. Un portavoce di Nvidia ha accolto con favore la decisione, definendola un “equilibrio ponderato” che permette all’industria americana di competere pur supportando l’economia nazionale.
L’H200, il chip al centro dell’accordo, è un prodotto di fascia alta, superiore al modello H20 specificamente progettato per aggirare le precedenti restrizioni cinesi, ma non rappresenta il vertice assoluto della gamma Nvidia. In agosto, sia Nvidia che la rivale AMD avevano accettato di condividere il 15% dei ricavi delle vendite cinesi con il governo USA, ma nello stesso periodo Pechino aveva scoraggiato le proprie aziende dall’utilizzare il chip H20.
I semiconduttori rimangono l’ago della bilancia nelle relazioni tra le due superpotenze. Dopo che Pechino aveva imposto controlli sull’export di terre rare, essenziali per la produzione di chip, e l’amministrazione Trump aveva minacciato pesanti dazi, sembra essere arrivata una tregua. In seguito a un incontro in Corea del Sud a fine ottobre, Trump e Xi hanno concordato una sospensione delle ritorsioni cinesi contro i produttori di chip statunitensi, aprendo la strada a questo nuovo accordo commerciale.
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