
Come due anni fa, la Spagna si è giocata un titolo ai calci di rigore. Ma, a differenza di allora, questa volta è uscita sconfitta. Nel 2022, a Rotterdam, cominciava un progetto ancora in costruzione. Oggi, quella squadra è una realtà solida, ben definita. Due anni fa, Luis de la Fuente era ancora sotto osservazione. Oggi, è riconosciuto come un commissario tecnico affidabile. Eppure, nonostante i progressi, la Roja ha perso la semifinale della Final Four contro un Portogallo più affamato, al termine di una serata opaca. Una Spagna grigia, come raramente si era vista, soprattutto incarnata dalla prestazione deludente di Lamine Yamal, rimasto nell’ombra per 105 minuti.
Nonostante una partita poco brillante, la Spagna ha avuto le sue occasioni. Ma è stato lo spirito combattivo del Portogallo a trascinare la sfida fino ai rigori. E lì, il destino ha deciso che fosse Álvaro Morata – entrato solo nei minuti finali del match – a fallire il rigore decisivo, privando così la Nazionale della possibilità di vincere un terzo titolo consecutivo. Un’occasione storica sfumata.
Tuttavia, non bisogna perdere di vista la prospettiva. La Spagna resta una delle migliori selezioni al mondo. Non può vincere sempre – nessuno lo fa – ma ha ormai acquisito una mentalità vincente. Il prossimo obiettivo è già all’orizzonte: la qualificazione per il Mondiale del prossimo anno, che inizierà a settembre. Se fino a poco tempo fa la Roja era imprevedibile, capace di vincere o perdere contro chiunque, oggi è una squadra solida, che nella maggior parte dei casi vince. Anche se non sempre, ovviamente.
Curiosamente, la partita è cominciata appena un minuto e mezzo dopo che Carlos Alcaraz si era sdraiato sulla terra rossa di Parigi per festeggiare una vittoria memorabile a Roland Garros. Un contrasto forte: da un lato, un evento storico per il tennis spagnolo; dall’altro, una semifinale che, pur importante, difficilmente entrerà negli annali del calcio.
Tornando al campo, Spagna e Portogallo si sono affrontate a viso aperto per il titolo. Luis de la Fuente ha replicato la stessa scelta vista nei quarti contro l’Olanda: ha cambiato il terzino destro e un centrocampista. Il ritorno di Fabián Ruiz era scontato, essendo un titolare indiscusso. Ma il cambio sulla fascia destra ha evidenziato ancora una volta un problema strutturale: senza Dani Carvajal, quel ruolo resta una lacuna evidente nella rosa spagnola. Meno chiaro invece il discorso sull’attaccante centrale, almeno finché l’esplosione di Oyarzabal continuerà a nascondere il declino – forse definitivo – di Morata.
Oyarzabal non è solo il miglior marcatore della gestione De la Fuente. Segna anche con regolarità nelle finali e interpreta perfettamente il ruolo di centravanti classico: si smarca, attacca lo spazio, fa sponde e dà profondità alla manovra. Proprio così è nato il gol del vantaggio spagnolo al 20’: una sua sponda ha permesso a Zubimendi di portare avanti l’azione, aprire per Lamine Yamal sulla fascia e, dopo una serie di rimpalli, finalizzare egli stesso l’azione con il tap-in dell’1-0.
Ma la gioia è durata poco. Cinque minuti dopo, Nuno Mendes – autore di una prestazione eccezionale – ha ristabilito la parità. L’azione è stata contestata dagli spagnoli per un possibile fuorigioco iniziale di Cristiano Ronaldo, ma il gol è stato convalidato. In verità, il pareggio era giusto: nessuna delle due squadre è riuscita davvero a prevalere sull’altra. Se si osservava la Spagna, si notava una propensione a giocare a sinistra, dove Nico Williams ha mostrato più vitalità rispetto a un Lamine Yamal irriconoscibile.